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Tre testi teatrali sull’amore

Ecco per voi alcune storie d’amore che hanno conquistato il cuore di milioni di spettatori (e che vi faranno venire voglia di andare a teatro).

Questo articolo vuole essere un vero e proprio viaggio all’interno del mondo teatrale con particolare riferimento a testi che celebrano l’amore. 

Come nella vita reale, anche a teatro l’amore non è solo “rose e fiori”: anzi, si tratta di un’altalena continua di emozioni, batticuori, risate e talvolta pianti. Ma c’è un punto fermo a proposito di questo concetto così bello: non possiamo farne a meno! L’amore, come qualcuno ha detto, è veramente il motore che muove il mondo. 

Miles gloriosus di Plauto 

Il nostro excursus parte dall’Antica Roma: siamo precisamente nel II sec. A.C., quando Tito Maccio Plauto si accinge a scrivere una delle più importanti e soprattutto divertenti commedie dell’epoca. 

Plauto riprende in realtà temi e personaggi dell’antica Grecia, riadattandoli alla cultura romana e aggiungendo qualche accenno agli usi e ai costumi dell’età a lui contemporanea.

Proprio in questo quadro nasce il Miles gloriosus, tradotto anche con il titolo “Il soldato fanfarone”. Le vicende del testo ruotano intorno a un soldato molto vanesio, di nome Pirgopolinice. 

Questo soldato rapisce, portandola con sé ad Efeso, una giovane cortigiana, Filocomasia, amante di Pleusicle, che in quel momento si trovava  lontano da Atene. Ma il  furbo schiavo del giovane, Palestrione, si mette sulle tracce di Pirgopolinice. 

Dopo una serie di disavventure, lo schiavo riesce a raggiungere il soldato e a far chiamare il suo padrone. I due sono ospiti del vecchio Periplectomeno, vicino di casa del soldato. 

Palestrione escogita un piano per salvare Filocomasia: fa credere a Pirgopolinice che la ricca moglie di Periplectomeno sia innamorata di lui. Ulteriore beffa è quella ordita da Palestrione nei confronti dello schiavo del soldato, Sceledro. 

Sceledro, infatti, vede Filocomasia e Pleusicle baciarsi, e Palestrione, per evitare che Pirgopolinice lo scopra, fa credere all’altro schiavo che il giovane non sta baciando Filocomasia, ma la sorella gemella. Quello del doppio è un espediente molto utilizzato nelle commedie latine.

In questo modo i due giovani innamorati possono incontrarsi senza più sospetto e viversi in totale beatitudine il loro amore. Il significato del testo è che l’amore giovanile trionfa sempre, anche davanti a mille ostacoli. La dolce coppia, infatti, sa di poter vivere unita anche dopo il calo del sipario, consapevole che niente e nessuno potrà mai cancellare la loro felicità.

Romeo e Giulietta di William Shakespeare 

Dall’antica Roma facciamo un lungo salto temporale, arrivando alla Verona del Cinquecento: qui due giovani innamorati si trovano a dover accettare una sorta molto più tragica di quella degli amanti plautini.

In questo viaggio sui testi teatrali dedicati all’amore, non potevamo bypassare Romeo e Giulietta: sarebbe stato come aprire un romanzo d’amore e trovare le pagine completamente bianche! Del resto, a distanza di tantissimi anni, la storia tormentata di Romeo e Giulietta è ancora una grandissima fonte di ispirazione non solo per il teatro, ma anche per il cinema e la letteratura. 

Indimenticabile, al di là della trama che conosciamo un pò tutti a memoria, la scena del balcone, in cui l’appena sedicenne Romeo si arrampica fino a raggiungere la stanza dell’amata Giulietta. La loro storia diventa il simbolo di una coppia che, in nome dell’amore vero, riesce a sfidare le avversità, rappresentate dalle famiglie dei due giovani. Un amore che non teme neppure la morte, anzi sembra trovare la sua completezza nel tragico destino che li attende. 

In Romeo e Giulietta, una volta calato il sipario, l’amore dei due giovani diventerà simbolo di un sentimento eterno e duraturo che non potrà sconfiggere né il veleno, né la spada. Non a caso Romeo e Giulietta sono l’emblema degli amori contrastati. 

La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams

Il nostro viaggio temporale tra i testi che il teatro ha deciso di dedicare all’amore ci porta al 1954: questa volta la destinazione raggiunta non è una meta felice. Così come esiste l’amore spensierato, ahinoi, esiste anche il suo esatto rovescio. 

La gatta sul tetto che scotta narra la storia di una donna, Maggie, che per alleviare la cocente situazione familiare in cui si trova, imbastisce una rete di bugie. Maggie, che appartiene a una classe sociale bassa, teme di dover lasciare la casa ed il marito, se non riesce a dare alla famiglia di lui un erede. 

Tra giochi passionali e abili caratterizzazioni, affiorano sensualità cariche di sottintesi e di contenuti inespressi o inesprimibili: all’ideale della purezza dei sentimenti si contrappone la dura realtà di un mondo familiare e sociale pieno di ipocrisie. Brick, questo il nome del marito, non desidera Maggie perché in realtà nasconde un’omosessualità repressa che, per ovvie ragioni, non gli consente di abbandonarsi totalmente tra le braccia della moglie. 

Una storia dal sapore estremamente moderno quella di Maggie e di Brick: qui, una volta calato il sipario ciò che rimane è l’amaro in bocca, la consapevolezza di un amore destinato a privarsi della propria anima. 

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